Cultura
Issachar Ber Ryback, geniale pittore del mondo ebraico ucraino e russo

Visse solo 38 anni ma seppe raccontare gli shtetl e farsi promotore del manifesto dell’arte ebraica d’avanguardia

Secondo gli esperti d’arte, se solo Issachar Ber Ryback fosse vissuto più a lungo avrebbe raggiunto la stessa notorietà del suo contemporaneo Marc Chagall. Purtroppo invece questo straordinario pittore morì a Parigi nel 1935, ad appena 38 anni, stroncato dalla tubercolosi che lo affliggeva da anni. Nel corso della sua breve vita riuscì però a creare un notevole corpo di opere, stampe, litografie, ma anche di scenografie e ceramiche, di cui purtroppo molto è andato perduto nel corso della seconda guerra mondiale. La sua parabola è comunque interessante anche per motivi che vanno al di là delle questioni squisitamente artistiche. E su un articolo recentemente uscito su Forward si mette in luce il suo valore sia di testimone di un mondo perduto, quello degli shtetl, sia di rappresentante di una cultura che collega strettamente l’ebraismo alla storia dell’Ucraina e della Russia, paesi che lo hanno sempre considerato loro figlio.
Da questo punto di vista la biografia di Ryback è davvero esemplare. Nato in Ucraina nel 1897 in quella che oggi è Kropyvnytskyi e che al tempo si chiamava Yelisavetgrad, dal nome di Elisabetta (Yelisaveta) di Russia, e che faceva parte dell’impero russo, era discendente di ebrei lituani, tra i tanti che insieme ai bielorussi si erano insediati nella città nel XIX secolo.
Spinto dal padre ad amare la cultura russa, inizia tardi gli studi a causa della salute traballante e delle difficoltà linguistiche, ma riesce comunque ad affermarsi sin da giovanissimo in quella che è già la sua grande passione: il disegno. Ha 11 anni quando accede ai corsi cittadini per pittori di scena, trovando poi impiego nel 1909 in una cooperativa che si occupa di dipinti d’interni di edifici pubblici ed ecclesiastici. Sarà grazie ai soldi guadagnati con questo lavoro che potrà approfondire i propri interessi artistici in autonomia, nonostante l’opposizione del padre. Laureatosi nel 1916 alla facoltà di pittura alla Scuola d’Arte di Kiev, nello stesso periodo entra a far parte del gruppo creato dalla scuola di pittori ebrei che includeva, in particolare, Boris Aronson, Alexander Tyshler, Solomon Nikritin, Mark Epstein e Isaac Rabinovich. Li accomunava l’idea di una forte identità nazionale e l’interesse per le varie tendenze moderne nell’arte. In particolare, erano influenzati dall’ideologia del cosiddetto gruppo di letterati yiddish di Kiev: David Bergelson, Nachman Mayzil, Yehezkiel Dobrushin, David Hofstein, considerati teorici e artefici della cultura e della letteratura ebraica moderna. Parallelamente, entra in contatto con Alexander Bogomazov e Aleksandra Ekster, tra i principali pittori dell’avanguardia russa.

Dopo aver presentato per la prima volta i suoi lavori, perlopiù ispirati a temi ebraici rappresentati in chiave modernista, all’Esposizione primaverile di Kiev del 1915, intraprende nel 1916, subito dopo il diploma, il viaggio che cementerà il suo interesse per l’arte popolare ebraica. Viene infatti incaricato dalla Jewish Historical and Ethnographic Society di visitare gli shtetl ucraini e bielorussi e di copiare i dipinti nelle sinagoghe di legno e le lapidi scolpite nei cimiteri ebraici. Negli anni successivi, proseguirà il suo impegno sia come testimone di una cultura che stava andando scomparendo sia come attivista nel portare nell’arte i valori del socialismo, ideologia alla quale aveva nel frattempo aderito.
Nel fatidico 1917 parteciperà in primavera all’Esposizione di Mosca di pittori e scultori ebrei (guadagnandosi il giudizio dei critici come “uno degli artisti più brillanti e geniali”) e parteciperà al lancio della filiale di Kiev della Società ebraica per l’incoraggiamento delle belle arti. Nella primavera del 1918 sarà tra i fondatori della Divisione Artistica della Culture League, organizzazione fondata in quel periodo in Ucraina per lo sviluppo della nuova cultura ebraica in lingua yiddish, mentre nell’estate del 1919, sul Baginen, la rivista in lingua yiddish di Kiev, pubblicherà con lo scenografo russo Boris Aronson The Ways of Jewish Painting, considerato il manifesto dell’arte ebraica d’avanguardia. Secondo il documento, l’arte doveva rappresentare la sintesi della tradizione artistica ebraica e le conquiste del modernismo radicale europeo.

Negli anni di quella stessa rivoluzione che da socialista appoggiava, Ryback vedrà morire anche il vecchio mondo ebraico in cui era cresciuto, così come il padre, ucciso nel pogrom di Kiev del 1919. Costretto alla fuga dalla guerra civile russa, andrà prima a Kovno (oggi Kaunas), stabilendosi poi a Berlino. È qui che il pittore si unisce a un gruppo d’avanguardia di artisti e architetti espressionisti tedeschi chiamato Novembergruppe. Tra i suoi nomi di maggior rilievo figurano l’architetto Walter Gropius, il pittore Otto Muller, il direttore d’orchestra Hans Richter, i compositori Alban Berg e Kurt Weill e il drammaturgo Bertold Brecht, tutti impegnati nell’espressione dei valori della sinistra radicale attraverso un’arte che, recuperata l’unità tra le diverse discipline, doveva entrare in stretto contatto con il lavoratore.
Questi sono anche gli anni in cui Ryback illustra una serie di libri in yiddish. Le illustrazioni dei versi per bambini di Leyb Kvitko diventano così popolari che appaiono ancora oggi nelle traduzioni russe contemporanee dell’autore, mentre una ristampa del 2007 del libro per bambini di Ber Smolyar del 1922 Kinder-velt (Il mondo dei bambini), pubblicato in Russia, conserva le sue illustrazioni originali, allo stesso modo della nuova edizione bilingue (yiddish e russo) del 2004 del libro di Miriam Margolin Little Stories for Little Children. Sempre a Berlino, nel 1923, la casa editrice ebraica Shvelln pubblicherà l’album grafico
Shtetl: My Ruined Home – A Recollection, mentre l’anno dopo vedrà la luce l’album litografico Jewish Types of Ukraine. Entrambi i lavori si basano sulle impressioni e sui ricordi di Ryback del fatidico viaggio del 1916 lungo le città dell’Ucraina e della Bielorussa.

Dopo una breve parentesi in Unione Sovietica, gli ultimi anni di Ryback lo vedranno a Parigi, dove si trasferisce nel 1926 e dove pubblica, nello stesso anno, l’album At the Jewish Fields of Ukraine, frutto di un altro lungo viaggio attraverso i kolchoz ebraici dell’Ucraina e della Crimea. Sempre nella capitale francese cambierà ulteriormente il proprio stile, passando da quello cubista a quello espressionista. Non mancheranno i riconoscimenti anche in Inghilterra, dove espone sia a Cambridge sia a Londra, mentre a Parigi gli amici gli organizzano nel 1935 un’ultima mostra, che lui però non farà in tempo a inaugurare.

Camilla Marini
collaboratrice

Camilla Marini è nata a Gemona del Friuli (UD) nel 1973, vive a Milano dove lavora da vent’anni come giornalista freelance, scrivendo prevalentemente di cucina, alimentazione e viaggi. Nel 2016 ha pubblicato la guida Parigi (Oltre Edizioni), dove racconta la città attraverso la vita di otto donne che ne hanno segnato la storia.


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