Mondo
Jewish Farmer Network: contadini ebrei negli Stati Uniti

Un progetto di agricoltura, comunità ed ebraismo nel mondo rurale statunitense

“Locavoro”: termine coniato nel 2005 per il World Environment Day, indica la dieta di chi consuma per lo più ingredienti prodotti e raccolti nel raggio di 100 miglia, o 160 kilometri, con il fine di ridurre le emissioni legate al trasporto del cibo.
Nel 2007, la percentuale della popolazione globale che vive in contesti urbani ha superato il 50% per la prima volta nella storia. Come essere locavori in città?
L’agricoltura urbana risponde a questa necessità, insieme a farne un’occasione di sviluppo comunitario sostenibile.

L’agricoltura fa quindi un salto in città – nei parcheggi, nei tetti delle scuole, nei giardini pubblici. Ma anche la città visita la campagna: aumentano i progetti di sviluppo sostenibile negli eco villaggi, nei ritiri nei campi contadini, nelle baite di montagna. L’agricoltura urbana risponde alle necessità delle città, così come la campagna trasformata in locus amoenus riflette una prospettiva di partenza di un cittadino stanco dello smog. Come inserire la prospettiva degli agricoltori rurali in questo dibattito? Come farlo perdipiù nel contesto ebraico?

Il Jewish Farmer Network si è posto queste domande nel 2019, dando vita nel febbraio 2020 alla prima conferenza di agricoltori ebrei e statunitensi. Diverse esigenze hanno dato motore al progetto: recuperare la tradizione agricola presente nella tradizione ebraica e dare voce a un gruppo di ebrei spesso escluso dall’identità ebraica moderna. Ne abbiamo parlato con Shani Mink, co-fondatrice del progetto.

“Spesso chi si occupa di agricoltura crede che la propria identità ebraica e di contadino/a non siano compatibili. Questo progetto cerca di dare uno spazio a entrambe le identità e di offrire l’opportunità di incontrare altri contadini e agricoltori in un contesto ebraico. C’è una forte tradizione nell’ebraismo che è conforme alla sostenibilità come la intendiamo oggigiorno: rigenerativa per la terra e con al centro la giustizia sociale”, spiega Shani.

L’immagine delle comunità ebraiche statunitensi è spesso urbana, e alle volte borghese. Come si inserisce JFN in questo panorama?
“E’ un progetto che ha alla base una rivoluzione di questa immagine: i nostri progetti non mirano agli ebrei della città, ma di campagna. Non siamo un progetto di agricoltura con lo scopo di per avvicinare i cittadini alle gioie della terra. Molti progetti hanno già questo obiettivo. La JFW risponde invece alle esigenze del rurale e ha il fine di unire chi vive già nella campagna dando loro un senso di comunità. L’immagine delle comunità ebraiche statunitensi è più variegata di quello che può sembrare e la rappresentatività è il risultato di diversi processi”.

Come è cresciuto il progetto durante la pandemia?
“La prima conferenza di JFN nel febbraio 2020 contava circa 165 membri, mentre nel gennaio 2021 l’edizione virtuale ha visto la partecipazione di più di 315 persone. Lo sviluppo comunitario si basa su progetti educativi dove viene discusso il legame dell’ebraismo con l’agricoltura. l’ebraismo non è dogmatico e la discussione e i commentari sono alla base del Talmud. Così è l’agricoltura, che è una conoscenza ancor meno codificata, che si basa sul confronto e sulla creatività degli agricoltori. Così durante la pandemia abbiamo discusso insieme su Zoom concetti come l’anno sabbatico per l’Uomo e per la terra, o la tzedakah, e così via”.

Ogni tradizione agricola risponde alle esigenze del terreno circostante. Farmer Network ha base negli Stati Uniti: cosa caratterizza i contadini statunitensi ed ebrei?
“Gli ebrei in diaspora conoscono bene la sensazione di essere cacciati dalla propria terra. Così l’organizzazione riconosce i diritti delle popolazioni native e indigene americane. Alla tensione di mantenere la tradizione agraria ebraica si aggiunge l’obiettivo di includere e considerare le necessità di chi è stato spinto fuori dalle loro terre, i nativi americani. Una parte del ricavato è per loro e vorremmo sviluppare progetti con la loro collaborazione”.
Aggiunge: “Spesso negli Stati Uniti si cerca di recuperare tradizioni lontane e prima che cada in disuso, vorremmo mantenere viva la tradizione agricola ebraica dagli ebrei stessi”.

Non solo. Sul sito si legge chiaramente qual è il sogno che accomuna i contadini di Jewish Farmer Network:

Noi immaginiamo un mondo in cui ogni individuo ebreo con il desiderio di vivere una vita incentrata sul lavoro della terra, facendo parte della vita comunitaria ebraica, abbia le risorse tecniche, economiche, sociali e culturali per farlo. Immaginiamo un mondo di giustizia sociale ed ecologica, dove la vita in tutte le sue forme sia onorata. Immaginiamo un mondo in cui i contadini ebrei siano una forza collaborativa per la liberazione collettiva di tutta la terra e di tutti i popoli.

Un’ideale ebraico, inclusivo, partecipativo. Un Tikkun Olam in versione agricola?

 

Micol Sonnino
collaboratrice

Micol-con-la-emme Sonnino, da pronunciare tutto d’un fiato, nasce a Roma nel 1997. Studia tutto ciò che riguarda l’Asia dell’Est all’Università di Bologna e vive tra Italia, Austria e Giappone per una magistrale in sviluppo sostenibile, con focus su sviluppo urbano e rurale. Le piace cucinare con la nonna e mangiare carciofi di stagione.


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