Cultura
Mussolini, radiografia di un modo di fare politica

“Benito Mussolini. Scritti e discorsi 1904-1945” è il volume curato da David Bidussa per Feltrinelli. Una lettura necessaria

A cento anni dalla marcia su Roma, Feltrinelli pubblica un’opera complessa e necessaria, che a tratti può sembrare quasi un’operazione enciclopedica, in cui vengono ricostruite e smascherate le diverse fasi del fascismo, della politica e della personalità di Benito Mussolini.
L’opera, che consiste in una raccolta di scritti e discorsi di Mussolini, è curata da David Bidussa, storico sociale delle idee, il quale firma un difficile lavoro di ricognizione, contestualizzazione e critica di circa 800 pagine.

«Benito Mussolini è stato molte cose: il militante, l’“uomo nuovo”, non più un funzionario ma l’espressione della nascita di una classe politica. Infine il dittatore. Mussolini è stato il rappresentante di una generazione di uomini politici formatisi in un’area geografica italiana, la Romagna, dalla spiccata identità culturale: nell’Italia liberale quella regione ha infatti rappresentato il luogo dell’“antinazione”, in opposizione radicale all’Italia sabauda. Qui Mussolini ha inventato un modo di fare politica che si rivelerà molto longevo per il Paese», esordisce Bidussa nella sua prefazione intitolata “Benito Mussolini preso sul serio”. Infatti, lo storico italiano cerca di penetrare nella politica di Mussolini, tracciarne le tappe fondamentali per capire la sua evoluzione, osservare le trasformazioni avvenute in Italia in quegli anni, fino ad analizzare le ripercussioni sull’Italia di oggi.

La densa antologia inizia con “tre autoritratti” di Mussolini, cioè tre momenti in cui Mussolini «ha preso le misure della sua dimensione politica, sia tracciando un bilancio del passato, sia definendo il profilo culturale e politico del tempo “a venire”», scrive Bidussa nelle prime pagine dell’opera.
I tre momenti individuati dall’autore corrispondono a tre date: novembre 1913, con la fondazione del periodico “Utopia”, l’inverno del 1922, quando Mussolini conferisce unicità e singolarità al movimento fascista, dandogli di fatto una differente fisionomia, tanto che nel discorso tenuto al congresso di fondazione del fascismo, egli afferma: «Inizia il secolo dell’antidemocrazia […] ‘Tutti’ è l’aggettivo principe della democrazia: la parola che ha riempito di sé il secolo Diciannovesimo. È tempo di dire: pochi ed eletti», infine l’ultimo momento individuato coincide con il 1932, l’anno in cui si celebra il decennale della marcia su Roma, e l’anno in cui viene pubblicato Colloqui con Mussolini di Emil Ludwing. Questo testo, che non avrà vita facile, e in cui lo stesso Mussolini non si riconoscerà in pieno, traccia un autoritratto culturale del Duce, ma soprattutto qui emerge il nuovo rapporto tra la politica e le masse, e un sistema politico basato essenzialmente su tre ordini: la classe politica, la milizia e i produttori. Così, dalla messa a fuoco sul personaggio Mussolini, emerge quasi consequenzialmente una lucida e approfondita analisi su ciò che stato e su ciò che ha significato il fascismo in Italia e sull’impatto che esso ha avuto anche dopo la sua caduta nella società italiana.
Entrando nel vivo di questo significato, l’autore indaga la sua natura, l’idea che lo ha originato e la sua evoluzione negli anni. Egli pone, nella sua riflessione una serie di questioni, che metteranno in evidenza «le mentalità, gli schemi culturali, la fisionomia delle decisioni e delle azioni», in un confronto aperto con il nostro passato, «perché se il ritornello dei nostri “nonni” (e per alcuni i “bisnonni”) che stavano meglio, se il refrain che “si stava meglio quando si stava peggio” ha una presa nel senso comune, una delle cose da chiarire è che quella trasformazione non nasce come specificità del regime fascista, ma come azione politica, come decisione che coinvolge qualsiasi sistema politico di massa della prima metà del Novecento».

Inoltre, Bidussa ha saputo approfondire bene la complessità della personalità di Mussolini sottraendola definitivamente alla banalità dei giudizi della storia, perché la sua figura, pur delineandosi come una personalità in cui a poco a poco emergono i tratti più negativi della sua politica, lascia trasparire agli osservatori più attenti un percorso e un’evoluzione tutt’altro che scontata. Con l’obiettivo di addentrarsi in questa complessità, l’autore ha cercato di capire in quale processo effettivamente si colloca la politica di Mussolini, e fin dove sia arrivata la trasformazione che la stessa ha determinato nel nostro Paese.
L’autore ha posto anche una notevole e puntuale attenzione nell’esplorare i linguaggi, i gesti, le immagini e le parole usati da Mussolini come una serie di presupposti per la sua graduale ascesa ed entrata in scena come protagonista di uno dei periodi più cruciali della storia italiana e non solo. Ha cercato di capire fino in fondo le dinamiche messe in atto per costruire un potere basato sulla costruzione di un’identità nazionale che va oltre la semplice affermazione di un’ideologia, tendendo alla definizione di un linguaggio ampiamente strutturato per attuare il passaggio dal sistema autoritario al sistema totalitario. Ciò attraverso l’individuazione delle linee culturali e di pensiero che si connettono alle sue azioni, ai suoi interventi e alle sue scelte politiche. La domanda che l’autore si pone in conseguenza di queste riflessioni è: in che misura lo Stato fascista ha dato la propria forma peculiare ad un processo che non viene solo dal suo sistema ideologico? Lo stesso Mussolini sembra fornire una risposta quando egli afferma più volte di voler modificare lo stato su tre piani: nell’ordine economico, nell’ordine politico e nell’ordine morale, in questa declinazione verrà individuata la capacità di costruire intorno al fascismo l’immagine di una grande opportunità storica per l’Italia. Viene sancita così la rifondazione culturale, emozionale, caratteriale, comportamentale e antropologica dell’italiano. Questo sistema culturale, che si definisce nel lungo termine, è inseparabile da una lunga storia di pratiche sociali: nell’avvio di un processo di modernizzazione che l’Italia ha vissuto in quel periodo, il regime fascista ha anche avviato in Italia la costruzione di uno stato sociale e in particolare del sistema previdenziale, e ciò ha contribuito senz’altro alla costruzione di un’identità nazionale fondata sull’idea del riscatto dell’Italia, idea tesa a rafforzare ulteriormente l’orgoglio patrio.

Tra le questioni che maggiormente emergono, infatti, vi è quella della natura ideologica dell’italianità, intesa come uno dei fondamenti della propaganda mussoliniana, che si evolverà nella sua fase finale nella convinzione della superiorità della “razza italiana”, e che sfocerà tristemente nelle leggi per la “Difesa della Razza”.
La svolta giuridica e legislativa del razzismo italiano e poi dell’antisemitismo avviene col discorso che Mussolini tiene a Berlino nel 1937, da quando cioè si crea ufficialmente l’asse italo-tedesco. Il fascismo come «marchio del ventesimo secolo» diventa dunque una realtà sempre più concreta con la legislazione antisemita, e come fa notare David Bidussa, nel Paese, più che dimostrazioni convinte di razzismo ci furono soprattutto «cinismo, opportunismo carrieristico e affaristico, culto ossessivo della ragion di Stato». Il razzismo declinato da Mussolini oltre che un’ideologia diventa il progetto di costruzione di una società, realizzato attraverso vari meccanismi di selezione, ma diventa anche un linguaggio che trova la sua fonte d’ispirazione nel testo del discorso che Mussolini tiene a Trieste il 18 settembre 1938. In questo discorso Mussolini rende pubbliche le leggi razziali che poco dopo saranno attuate in tutta Italia. Il fascismo, nel trasformare il laboratorio di costruzione della sua legislazione in un linguaggio di piazza, elabora e adotta un sistema di simboli e di valori secondo un programma in cui diventano strutturali gli elementi del razzismo e dell’antisemitismo, nel momento in cui è pronto a compiere la sua trasformazione in totalitarismo.
Nell’ultimo discorso pubblico di Mussolini, tenuto al teatro lirico di Milano nel dicembre del 1944, afferma: «Se fu impresa facile cancellare i simboli esteriori del fascismo, quella di sopprimerne l’idea è impossibile». Una riflessione con cui Bidussa invita il lettore a comprendere che una revisione totale di quella storia è possibile solo attraverso un reale confronto con le matrici culturali dell’esperienza del regime fascista in Italia.

Benito Mussolini. Scritti e discorsi 1904-1945, a cura di David Bidussa, pp. 768, 25 euro

Eirene Campagna
collaboratrice

Classe 1991, è PhD Candidate dello IULM di Milano in Visual and Media Studies, cultrice della materia in Sistema e Cultura dei Musei. Studiosa della Shoah e delle sue forme di rappresentazione, in particolare legate alla museologia, è socia dell’Associazione Italiana Studi Giudaici.


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