Cultura
Carole King: il capolavoro “Tapestry” compie 50 anni

Tutto quel che c’è da sapere su un album che sbancò le classifiche grazie a brani indimenticabili come You’ve got a friend e (You make me feel like) A Natural Woman

Devi alzarti ogni mattina con un sorriso sul viso/ E mostrare al mondo tutto l’amore nel tuo cuore/Allora le persone ti tratteranno meglio / Scoprirai, sì lo farai / Che sei bella, come ti senti”. Parole di Carol Joan Klein, da tutti conosciuta come Carole King, contenute nella canzone Beautiful, una delle dodici gemme incastonate nel capolavoro Tapestry, di cui si festeggiano, il 10 febbraio, i 50 anni dall’uscita.
Nata il 9 febbraio 1942 a New York da una famiglia ebraica della classe media (il padre si chiamava Sidney Klein e la mamma Eugenia “Genie” Cammer) e cresciuta nel quartiere Flatbush / Midwood di Brooklyn, Carole King è diventata il modello di riferimento, insieme a Joni Mitchell, per le cantautrici degli anni Settanta, con uno stile caldo, malinconico, ravvivato da un tocco jazzy e soul. Dopo aver composto per anni canzoni di grande successo per altri cantanti, Carole, dopo essersi separata nel 1968 dal compagno d’arte e di vita Gerry Goffin, ha trovato il coraggio di mettersi in gioco in prima persona cantando le sue canzoni, nonostante la sua proverbiale timidezza.
L’album di debutto, l’acerbo Writer del 1970, fu un mezzo flop, nonostante mostrasse in nuce il talento interpretativo dell’artista. Il successivo Tapestry, invece, fu un successo trionfale, con 24 milioni di copie vendute e 4 Grammy Award vinti come miglior album dell’anno, migliore canzone (You’ve Got A Friend), migliore composizione dell’anno (It’s Too Late) e migliore interprete femminile. L’album arrivò al numero uno delle classifiche Billboard e restò nelle chart per oltre sei anni, grazie a canzoni magnifiche, divenute poi standard, come It’s Too Late, So Far Away, You’ve Got A Friend, Home Again, I Feel The Earth Move, Way Over Yonder e (You Make Me Feel Like) A Natural Woman.
Un album perfetto, al 36esimo posto tra i 500 migliori album di ogni tempo nella classifica di “Rolling Stone”, il cui segreto va cercato nella sua capacità di stabilire una connessione immediata e, al tempo stesso, profonda, con l’ascoltatore. Le utopie comunitarie dell’estate dell’amore, delle manifestazioni del 1968, di Woodstock e della psichedelia appaiono ormai sbiadite, cedendo il posto a una dimensione più intima e personale, decisamente più congeniale al carattere schivo della King. Emblematica, in questo senso, la copertina dell’album, di straordinaria normalità, con la cantante ritratta nella sua stanza, a piedi nudi e con una piccola tapestry in mano, insieme al suo gatto Telemachus che fissa anche lui l’obiettivo. Prendendo ad esempio la già citata Beautiful, la cantautrice aveva l’abitudine si appuntarsi su un bloc-notes pensieri e riflessioni su vari temi, fino a che qualcosa dentro di lei la spingeva a trasformare quelle parole scritte frettolosamente su carta in una vera e propria canzone. Nella sua autobiografia A Natural Woman: A Memoir del 2012, King dedica un capitolo sull’ispirazione per Beautiful, intitolato “Lezioni dalla metropolitana”.
Le lezioni che l’artista ha imparato prendendo la metropolitana di New York sono tre, due pratiche dedicate al viaggio e una più filosofica: “la visione di te stessa ha un impatto diretto sul modo in cui trattano gli altri”. Anni dopo, la cantautrice, nel corso di un’intervista, ha dichiarato: “Sono passati anni da quando prendevo un treno BMT, e i gettoni della metropolitana hanno fatto la fine del piccione viaggiatore, ma credo ancora che la lezione 3 della metropolitana sia vera come lo era il giorno in cui l’ho imparata. Continuo a credere che tutti siano belli in qualche modo e vedendo la bellezza negli altri, ci rendiamo più belli”. Interessante la scelta stilistica di non inserire deliberatamente rime nel ritornello, che farà scuola presso le sue epigoni. L’album si apre con il trascinante pop-rock di I Feel The Earth Move, ispirato dalla lettura del romanzo di Ernest Hemingway Per chi suona la campana, le cui parole iniziali sono romantiche ed energiche al tempo stesso: “Sento la terra muoversi sotto i miei piedi/ Sento il cielo crollare giù, crollare giù/ Sento che il cuore inizia a tremare/Ogni volta che sei qui vicino”.
In So Far Away, impreziosita dalla chitarra di James Taylor e dal flauto di Curtis Amy, ci si culla dolcemente nella malinconia, mentre la sua anima più soul/gospel emerge nella splendidaWay Over Yonder, nella quale la cantautrice sogna una “vera pace della mente” e “un giardino di saggezza”. L’album fu lanciato dal successo dello struggente singolo It’s too late, che racconta magnificamente l’ineluttabilità di un amore che si è ormai spento: “E’ troppo tardi, baby, troppo tardi/ Nonostante c’abbiamo veramente provato/ Qualcosa dentro è morto, e non lo posso nascondere, né fingere”. You’ve got a friend è un piccolo miracolo di musica e parole, un inno alla vera amicizia in grado di emozionare ogni volta che la si ascolta: “Tu chiama il mio nome,e sai che dovunque io sia arriverò di corsa per rivederti/ Inverno, primavera, estate o autunno/ Tutto quello che devi fare è chiamare, e io ci sarò, sì ci sarò/Tu hai un’amica”.
Per Tapestry la cantante ha fatto sue due canzoni di straordinario successo, composte insieme all’ex marito Gerry Goffin, Will you still love me tomorrow e (You make me feel like) A natural woman. Mentre nell’interpretazione di Aretha Franklin del 1968 il brano è un gospel rivolto a Dio, nella versione più intima e confidenziale della King (You make me feel like) A natural woman diventa un brano romantico dedicato al proprio uomo. Le canzoni di Tapestry sono state “coverizzate” negli anni da artisti del calibro di James Taylor, Quincy Jones, Rod Stewart, Bee Gees, Manhattan Transfer e Monkees. Il Consiglio nazionale per la conservazione delle registrazioni della Biblioteca del Congresso ha inserito, il 19 marzo 2004, Tapestry nel registro nazionale delle registrazioni sonore “culturalmente, storicamente, esteticamente significative”.
Gabriele Antonucci
Collaboratore

Giornalista romano, ama la musica sopra ogni altra cosa e, in seconda battuta, scrivere. Autore di un libro su Aretha Franklin e di uno dedicato al Re del Pop, “Michael Jackson. La musica, il messaggio, l’eredità artistica”,  in cui ha coniugato le sue due passioni, collabora con Joimag da Roma


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