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Turismo kosher e diplomazia culinaria: l’esperienza urbana del viaggio

Quanto il turismo impatta sulla città e quanto la città ne condiziona i comportamenti? Il caso di Dubai

L’opinione pubblica ha spesso discusso di città come Venezia o Barcellona come casi di sovraturismo e turistificazione della città. L’impatto dei turisti sulle città è dunque in via di ridefinizione: cosa sappiamo invece dell’impatto della città sui turisti stessi?
Il turismo ebraico in particolare costituisce una dimensione tutta propria delle modalità di esperienza urbana. Si può dividere in un turismo che ripropone temi di storia e cultura ebraica o nel turismo legato all’infrastruttura necessaria per l’esperienza ebraica in una nuova città – la sinagoga, il ristorante kosher, gli eventi comunitari.
Nel secondo caso alcuni parlano di ‘turismo kosher’. Se il viaggio è legato ai giorni non lavorativi, come può viaggiare un ebreo che tiene alle mizvot a Pesach, quando non è permessa la contaminazione degli utensili da cucina con i cinque tipi di grano e cereali? O durante Sukkot, se la città non ha una sukkah predisposta? O anche per Shabat, se la città è un grande agglomerato con grandi distanze tra la sinagoga e l’alloggio?
I più osservanti saranno in difficoltà a svegliarsi per il caffè e cornetto mattutino tipico dell’ozio della vacanza, se la città non ha un alloggio con cucina kosher predisposta.
Se il turismo è un’esperienza urbana che mette in moto una riflessione nei partecipanti, spinti a riconsiderare la cognizione di partenza sulla città, l’assenza di un’infrastruttura ebraica può limitare ciò che un turista ebreo osservante può cogliere dalla città – dall’aspetto culinario all’esperienza del quartiere, la pianificazione del viaggio deve tenere in conto molti fattori.

Il caso di Dubai
La reputazione di una città è ciò che spinge i turisti a sceglierla e a dare ulteriore forma alla sua percezone. In Città invisibili, Italo Calvino descrive così una delle sue città immaginarie:

Nessuno sa meglio di te […], che non si deve mai confondere la città col discorso che la descrive. Eppure tra l’una e l’altro c’è un rapporto. Se ti descrivo Olivia, città ricca di prodotti e guadagni, per significare la sua prosperità non ho altro mezzo che parlare di palazzi di filigrana con cuscini frangiati ai davanzali delle bifore […]. Ma da questo discorso tu subito comprendi come Olivia è avvolta in una nuvola di fuliggine e d’unto che s’attacca alle pareti delle case; che nella ressa delle vie i rimorchi in manovra schiacciano i pedoni contro i muri.

Così anche Dubai è avvolta dalla sua reputazione di grattacieli e centri commerciali di lusso, di cui spesso si parla anche in termini di diritti negati per i lavoratori dei cantieri.
Dubai non può vantare un turismo a sfondo ebraico: la comunità è stata marginale per secoli e il turista non può visitare il museo ebraico o gli spazi che solitamente organizzano la vita ebraica nella città.
Tuttavia, da settembre 2020 con i Patti di Abramo, Dubai ha visto crescere la sua richiesta di turismo kosher. Il discorso intorno a Dubai cambia: da luogo ostile, gli Emirati Arabi Uniti danno il benvenuto ai turisti israeliani ed ebrei.

A rendere semplice l’esperienza ebraica in città è il progetto Ellis Kosher Kitchen, fondato da Ellis Kriel, sudafricana di origine ed expat a Dubai dal 2013.
“Nel 2013 ho iniziato a cucinare pasti kosher per le famiglie in visita in città, ma da febbraio 2019 Ellis Kosher Kitchen è diventato un business che offre catering kosher, parallelamente a dei ristoranti pop-up in hotel. Dalle ricette uscirà presto un libro”, spiega Ellis.

L’esperienza culinaria per un turista può essere una caratteristica che distingue il vissuto quotidiano e ordinario tra una città e l’altra?
“I miei genitori erano anche loro ristoratori, la pasticceria Zekko era una destinazione da visitare per chi era in vacanza nella cittadina in Sudafrica da dove provengo, offriva dolci tipici della tradizione greca. Da generazioni in famiglia si tramanda uno spirito di ospitalità e dell’esperienza culinaria come pasto della tradizione famigliare, che si cerca quando si è in viaggio. Questo è sicuramente un elemento importante che vorrei offrire in Ellis Kosher Kitchen, ma non direi che sia l’elemento distintivo: è un progetto nuovo e non ha ancora questa reputazione, né vuole essere rappresentativo dell’intera Dubai. Sono una sociologa e ciò che muove il progetto è proprio l’aspetto sociologico della ristorazione. Quali sono gli elementi culturali dei nostri comportamenti quotidiani e cosa dice di noi cosa mangiamo? Così ho pensato ad Ellis Kosher Kitchen come un progetto di ‘diplomazia culinaria’”.

Cosa si intende per diplomazia culinaria?
Gli ebrei osservanti che visitano la città vorrebbero provare il cibo del luogo, ma sono costretti a portarsi il cibo da casa in valigia, o ad affidarsi a piatti che conoscono già. Così con un’amica di Dubai abbiamo pensato di adattare il cibo della tradizione degli Emirati alle regole della kasherut. È una doppia diplomazia: è il risultato di un’amicizia profonda tra me e una donna del luogo, e dà la possibilità ai turisti ebrei di immergersi nella cultura di Dubai. Un piatto è il risultato di moltissime sfaccettature: degli ingredienti disponibili in quel territorio, dello status sociale di chi richiede il piatto, della storia della tua famiglia e delle tue tradizioni o di chi ha condiviso con te la ricetta. In questo modo unire le due tradizioni, ebraica e quella degli Emirati, racconta una storia con più livelli di significato, così come qualsiasi altro piatto.

Un’infrastruttura kosher a Dubai permette dunque un incontro tra culture finora poste in contrasto dalla storia e della geopolitica. Si tratta di impatto della città sui turisti o dei turisti sulla città?

Micol Sonnino
collaboratrice

Micol-con-la-emme Sonnino, da pronunciare tutto d’un fiato, nasce a Roma nel 1997. Studia tutto ciò che riguarda l’Asia dell’Est all’Università di Bologna e vive tra Italia, Austria e Giappone per una magistrale in sviluppo sostenibile, con focus su sviluppo urbano e rurale. Le piace cucinare con la nonna e mangiare carciofi di stagione.


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