Cultura
“Love Me Kosher”, la sessualità in mostra a Vienna

Amore e sesso nell’ebraismo in un viaggio dall’Eden al tempo presente

Da una parte una vita sessuale appagante è un elemento imprescindibile per un matrimonio felice. Dall’altra, il sesso al di fuori della relazione uomo donna è inammissibile. Questa contrapposizione è uno dei punti focali di Love Me Kosher, la mostra inaugurata la scorsa settimana al Museo Ebraico di Vienna e in programma fino al prossimo novembre. Allestita come un coloratissimo viaggio psichedelico, l’esposizione curata dalla direttrice Danielle Spera con Daniela Pscheiden e Julia Windegger non teme di toccare nervi scoperti all’interno delle stesse comunità ebraiche. Stimolando, così, un salutare confronto tra le parti. «Per noi era importante mostrare che l’ebraismo è generalmente molto positivo riguardo al sesso, considerandolo un dono divino e un sacro obbligo», ha dichiarato la Spera, fiancheggiata dalla Pscheiden, che ha aggiunto: «Volevamo che la mostra fosse molto sensuale e riflettesse un atteggiamento positivo nei confronti della vita».

Ma se di amore a tutto tondo si vuole parlare, ecco che quello arcobaleno diventa un problema. Un abominio, addirittura, se si guarda alla Torah che nel Levitico 18:22 proibisce di “giacere con un uomo come si giace con una donna”. Poi, certo, presso le comunità conservatrici e liberali le cose vanno un po’ diversamente rispetto al giudaismo ortodosso, ma non si può negare che il problema sia parecchio sentito.

La mostra procede per gradi e per epoche. Partendo dalla più remota, quella della creazione dell’uomo. È il giardino dell’Eden la prima tappa di Love Me Kosher. In una sala viene presentato, per la prima volta in una mostra, l’Anima Garden, il giardino creato poco fuori Marrakech dall’artista austriaco André Heller. Tra sentieri bordeggiati da una natura rigogliosa dalla quale spuntano a sorpresa maschere tribali e oggetti d’arte, la creazione di Heller è presentata come un luogo magico intriso di sensualità, stupore, contemplazione, gioia e ispirazione. Una buona immagine, insomma, di quel paradiso in cui Adamo ed Eva accolsero l’invito divino di essere fecondi, di moltiplicarsi e di riempire la terra. Sesso e amore sono protagonisti anche delle altre opere esposte, in un mix di sensualità, poesia e sogno comprendente i lavori di artisti come Arik Brauer, Marc Chagall, Eva Schlegel, Benyamin Reich e Friedensreich Hundertwasser.

Pablo Picasso, Batsheba im Bad, courtesy Isabelle Racamier

Senza dimenticare che la felicità tra i partner nell’ebraismo non è facoltativa, né tanto meno una semplice botta di fortuna, bensì un obbligo al quale attenersi, viene ricordato come l’uomo secondo la tradizione abbia il dovere di soddisfare innanzi tutto la sua compagna. Passando dal sesso come campo nel quale si afferma la tradizione gioiosa e vitale dell’ebraismo al sesso come norma, vengono affrontate anche le imprescindibili regole di purezza nonché i rituali nuziali tradizionali. Come ricorda la Windegger, «ci sono anche regole per il sesso kosher» che sono principalmente destinate alle donne. Queste non possono avere alcun contatto fisico con il coniuge durante le mestruazioni e devono eseguire una pulizia rituale dopo la fine del ciclo. La curatrice spiega anche che per evitare il contatto esisterebbero dei “letti kosher”, uno dei quali, stilizzato, è in mostra, con il suo bravo materasso diviso da una cerniera stampata.

Per quanto riguarda le questioni mistiche, le curatrici ricordano come nella kabbalah la sessualità assuma una dimensione spirituale e cosmica e come l’unione tra uomo e donna sia quella tra saggezza e ragione, la stessa che conduce alla conoscenza. Da qui, la visione del matrimonio come un evento sacro che rende l’uomo perfetto. La faccenda è tuttora oggetto di discussione, e sull’argomento sono stati interpellati diversi rabbini viennesi, le cui interviste fanno parte dell’allestimento.
Meno poetica ma interessante dal punto di vista storico è la parte dedicata alle norme che regolavano i matrimoni ebraici a Vienna nel passato, da quelli liberi a quelli volti a rinforzare i legami familiari e le alleanze professionali. Si passa dall’Editto di Tolleranza di Francesco Giuseppe II, che portò a Vienna migliaia di ebrei che volevano celebrare le proprie nozze, alla regolamentazione dei matrimoni misti prima e dopo l’avvento del nazionalsocialismo.

Love Me Kosher non manca di toccare anche un tema delicatissimo come la sessualità nell’Olocausto. La sezione è stata affidata allo storico Tom Juncker e, secondo quanto dichiarato dalla sua collega curatrice Julia Windegger, era doveroso includerla nella mostra: «La Shoah fa parte della storia della città di Vienna e della sua comunità ebraica, quindi è ovvio che noi, come Museo Ebraico di Vienna, parliamo anche della Shoah in relazione alla sessualità». Vi si ricordano quanti dei principali ebrei attivi nel campo della sessuologia furono perseguitati, espulsi, deportati e assassinati dai nazisti e quante persone la cui sessualità non era conforme alle norme del regime furono mandate a morire nei campi. Sono trattati anche due aspetti della sessualità nell’Olocausto: arma di violenza, umiliazione e distruzione da parte dei nazisti, strategia di sopravvivenza e barlume di speranza tra perseguitati e prigionieri.

Andy Warhol
“Sigmund Freud”, 1980
from the “Ten Portraits of Jews of the Twentieth Century” portfolio
courtesy the museum

Altro focus doveroso della mostra è la centralità di Vienna come «centro della sessuologia moderna alla fine del diciannovesimo secolo» in quanto luogo, come ricordano le curatrici, «in cui è nata la psicoanalisi di Sigmund Freud». All’avanguardia per certi versi, la città non era comunque immune da pregiudizi e bigottismo. Come quello subito dall’ebreo austriaco Leo Schidrowitz, che fondò un moderno istituto di sessuologia nel Kohlmarkt di Vienna sul modello di Magnus Hirschfeld, ma fu costretto a chiuderlo nel 1933.

David Bohmann

Passando a epoche più permissive, Love Me Kosher ha coinvolto anche la 94enne guru del sesso Ruth Westheimer. Scampata da bambina ai campi di sterminio, con un passato da cecchino nella Palestina Mandataria quando aveva appena 17 anni e oggi nota per i suoi storici programmi tv e radio a tema sessuale, la cosiddetta Dr. Ruth è servita da ispirazione alla mostra. Che, oltre a riceverne la benedizione, ne espone il gioco di società Dr. Ruth’s Game of Good Sex. Passando da un’apparente frivolezza all’altra, Love Me Kosher dedica uno spazio anche a un ideale sexy shop kosher sul modello di quelli effettivamente esistenti a Tel Aviv e a Gerusalemme.

Benyamin Reich, Chassidim in Love 2018

La sezione destinata a fare discutere non sembra comunque quella dedicata ai sex toys bensì alla posizione dell’ebraismo rispetto alle questioni LGBTQ. Emblematici di questa parte della mostra, oltre alla parete arcobaleno, sono due scatti del fotografo Benyamin Reich. In uno si vedono due giovani religiosi ebrei, nudi e avvolti parzialmente da un tallit, nell’altro compare una donna, a sua volta ricoperta unicamente da uno scialle di preghiera. A tale proposito la curatrice Daniela Pscheiden ricorda che «fondamentalmente, gli atti omosessuali maschili sono proibiti nel giudaismo», mentre l’omosessualità femminile è fonte di discussione, dato che non è menzionata né nella Torah né nella letteratura rabbinica. «In contrasto con l’ebraismo ortodosso, le comunità conservatrici e liberali sono più aperte», spiegano le curatrici. Che ricordano però che se da un lato i matrimoni di partner dello stesso sesso sono celebrati a Vienna nella sinagoga riformata Or Chadasch, dall’altro i membri queer della comunità ebraica ortodossa si trovano tuttora di fronte a un diffuso rifiuto.

Love me kosher, Museo ebraico di Vienna, fino al 13 novembre

Camilla Marini
collaboratrice

Camilla Marini è nata a Gemona del Friuli (UD) nel 1973, vive a Milano dove lavora da vent’anni come giornalista freelance, scrivendo prevalentemente di cucina, alimentazione e viaggi. Nel 2016 ha pubblicato la guida Parigi (Oltre Edizioni), dove racconta la città attraverso la vita di otto donne che ne hanno segnato la storia.


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