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Le donne nell’ebraismo italiano

Un convegno a Camaldoli segna il primo passo per una serie di studi sugli ebrei italiani

Dal 3 all’8 luglio, nel monastero di Camaldoli, si è svolto un convegno dedicato a Donne ebree d’Italia: studi e testimonianze, organizzato principalmente – ma non solo – dalla Fondazione CDEC. Già la collocazione è particolare: perché parlare di donne ebree in un monastero cattolico? Certo, Camaldoli non è un monastero qualsiasi, dal momento che vi si tengono da oltre quarant’anni dei Colloqui ebraico-cristiani che richiamano ogni anno almeno 200 persone. Questo però non era un incontro di dialogo: era un convegno scientifico che ha visto la partecipazione di un nutrito gruppo di studiose/i (oltre trenta) provenienti da Italia, Europa, USA, Israele e afferenti a diverse discipline, storiche, italianistiche, mediche, archivistiche, nonché il primo passo di un percorso volto ad approfondire attraverso gli anni il ricchissimo panorama della storia degli ebrei d’Italia.

Questo primo passo, che avrebbe dovuto svolgersi due anni fa ma è stato ritardato causa pandemia, ha messo al centro le figure femminili e ha visto emergere moltissimi spunti di riflessione interessanti. Come ad esempio il ruolo non marginale avuto dalle donne nella produzione libraria del Rinascimento. Shulamit Furstenberg ha ricordato il ruolo di Paola Anav, che nel 1306 firma il colofon del Siddur per suo figlio Salomone; nel Cinquecento sono molte le donne a firmare Siddurim, a dimostrazione del fatto che le donne che svolgevano la funzione di scriba non erano poi rare. Alle donne era vietato solo copiare il Sefer Torah e i cartigli per mezuzot e tefillin, spiega Furstenberg, ma tutto il resto era consentito. Non solo: in tutto il Rinascimento le donne sembrano avere un legame particolare con il Siddur, che trascrivono per altre donne o per i propri figli. Ma anche i Siddurim per donne copiati da uomini riservano originali “sorprese”: la benedizione femminile “che mi creasti secondo la tua volontà”, che sostituisce quella maschile “che non mi creasti donna”, in alcuni Siddurim viene sostituita con la formula “che mi creasti donna” o con quella ancora più specifica “che mi creasti donna e non uomo”. Volontà di rivoluzionare la tefillah e proto femminismo? Probabilmente no. Si tratta sempre di Siddurim destinati a donne particolari, che avevano magari una sensibilità e una cultura anche religiosa superiore alla media; non erano libri rivolti ad un vasto pubblico, ma attestano la ricchezza e complessità del panorama ebraico italiano.

E se le donne hanno avuto un legame stretto e originale con la tefillah, lo stesso vale per altri campi, per esempio la medicina: Elena Branca ha raccontato la storia delle donne che già nell’ultimo quarto dell’Ottocento, dopo la laurea in medicina, si arruolarono volontarie nella Croce Rossa Internazionale ed entrano nei ranghi militari. Chi erano queste dottoresse? La prima in assoluto fu Maria Montessori, poi ne vennero altre e molte erano ebree, come Luisa Ancona o Bice Finzi. Numerosi sono stati infatti nella storia gli intrecci tra donne ebree e non ebree impegnate a tracciare strade nuove o a percorrere in maniera originale strade tracciate da tempo.

Molte le relazioni dedicate a scrittrici (Natalia Ginzburg, Giacoma Limentani), diverse delle quali sono o sono state anche testimoni della Shoah: Liana Millu, Liliana Segre, Andra e Tatiana Bucci, Edith Bruck. Relazioni che hanno posto la complessissima domanda del rapporto tra storia, memoria e finzione narrativa: come interpretare romanzi chiaramente autobiografici, che però uniscono la memoria storica con la finzione narrativa? Si è chiesto Gadi Luzzatto, Direttore della Fondazione CDEC. Questa come altre domande sono restate senza una risposta definitiva, ma non senza dibattito: relatori e pubblico hanno partecipato in maniera attivissima a discussioni che hanno avuto spesso un carattere seminariale piuttosto lontano dai confronti paludati di molti convegni scientifici internazionali. E questo è stato reso possibile anche dal luogo: non una prestigiosa università, ma un antichissimo monastero immerso nella foresta, abituato da oltre mille anni ad ospitare discussioni e dibattiti in un clima sereno, trasparente, capace di offrire grandi possibilità di approfondimento.

Spesso nella storia le donne hanno percorso strade note in maniera originale: chi scrive ha presentato la figura di Lea Sestieri (1913-2018), ebrea romana che ha insegnato in atenei di tre continenti, si è attivamente impegnata nel dialogo interreligioso ed è stata la prima donna di cui abbiamo traccia documentale a frequentare il Collegio rabbinico italiano, su invito di rav Umberto Cassuto, che fu suo docente all’Università di Roma – La Sapienza. Ma Lea Sestieri non si definitiva osservante, anzi diceva di se stessa: «Più si radicalizzava la mia ebraicità e più prendeva consistenza la mia laicità». Sullo sfondo di tutto il convegno sembrava aleggiare la domanda: ma cos’è alla fine “l’ebraismo”? Cosa significa definirsi “ebrei”?

Certamente il rapporto delle donne con l’ebraismo non si declina sempre nello stesso modo: grazie a Gabriella Romani si è parlato di Erminia Fuà (1834-1876), poetessa che preferisce definirsi “italiana” piuttosto che “ebrea” e che riceve il battesimo per poter sposare il poeta Fusinato. Ma di una donna battezzata ha ancora senso parlare, quando si parla di ebraismo? In apertura del convegno Gabriele Boccaccini, condirettore dell’iniziativa, sottolinea come l’ebraismo non sia solo una realtà religiosa: in qualsiasi modo lo si voglia definire, dai giorni camaldolesi emerge la fotografia di un ebraismo in cui le donne hanno interessi religiosi, ma anche culturali, pedagogici, musicali, artistici, politici e di molti altri tipi. È la descrizione di un’Italia ebraica che, attraverso i secoli, mostra grazie alle sue donne (e ai suoi uomini) una ricchezza, una varietà e naturalmente anche una contraddittorietà di cui troppo spesso tendiamo a dimenticarci, erroneamente convinti che esista un solo modo di dirsi ebrei.


3 Commenti:

  1. Ottima impostazione.Vorrei poter leggere gli atti del convegno di Camaldoli ed accreditarmi per l’anno prossimo.Grazie.


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